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L’artista Mona Caron: “Dal cemento può nascere un fiore”

 © monacaron.com

I guerrilla gardener piantano fiori “clandestinamente” in luoghi degradati.
Mona Caron, in qualche modo, fa lo stesso con il pennello. Anche l’obiettivo è il medesimo: far fiorire la bellezza in luoghi che ne sono privi. Quartieri fatiscenti, sobborghi proletari, grattacieli anonimi.
Solo che Mona Caron, al contrario dei guerriglieri del giardinaggio, per spargere semi di bellezza si solleva da terra e punta dritta verso il cielo, perché la peculiarità delle sue opere monumentali è quella di arrampicarsi letteralmente sulle facciate dei palazzi, “sbocciando” dove la vista comincia a perdersi contro l’orizzonte. Con un impatto visivo davvero grandioso.

Cresciuta tra i boschi della Svizzera, americana d’adozione, Mona Caron è l’antitesi dell’artista patinata. La sua “divisa” si limita a scarpe da ginnastica e pantaloni ampi, i capelli raccolti sotto il casco da cantiere, indispensabile per realizzare in sicurezza i giganteschi murales che l’hanno resa celebre a livello internazionale.
Il soggetto è simbolico: fiori comuni ed erbacce che crescono spontaneamente nelle città, facendosi strada tra le fenditure del cemento. Un tributo alla resistenza, o resilienza, per usare un termine un po’ abusato ma molto attuale, di coloro che “non hanno un posto nel mondo – spiega l’artista -, che non fanno parte dei piani, ma nonostante questo continuano a lottare e premono per emergere”.

La serie delle urban weeds, le erbacce urbane, come le chiama Mona Caron, è iniziata sui muri di San Francisco, dove l’artista vive, per poi varcare i confini degli Stati Uniti e “invadere” grattacieli di San Paolo o grigi palazzoni di periferia in Portogallo e in Svezia.

Il termine più appropriato per definire le sue performance è artivism, crasi tra arte e attivismo, neologismo coniato dall’artista-funambola per spiegare il senso di queste opere verticali connotate da una forte valenza politica.

“Cerco piante clandestine per le strade della città. Quando trovo un esemplare particolarmente eroico che cresce attraverso una fenditura lo dipingo in grande, in una scala inversamente proporzionale all’attenzione e al rispetto che riceve. Contro il cemento più ostinato, contro ogni previsione, anche noi possiamo trovare un’apertura per uscire alla luce. Questo è il modo in cui i cambiamenti si producono”.

Nella realizzazione dei murales, Mona Caron collabora spesso con il brasiliano Mauro Neri, suo compagno di vita, e con altri artisti-attivisti. Dove lei fa sbocciare fiori, loro restituiscono corpo e dignità agli invisibili – homeless, indigeni, lavoratori stagionali – ritraendoli nelle piccole grandi battaglie quotidiane. Facendoli sentire rappresentati.

Un murales realizzato da © monacaron.com in collaborazione con Mauro Neri, in arte Veracidade.